Il gatto resta un mistero sotto tanti punti di vista. Ancora non si conosce interamente la sua natura, la sua sensibilità, la profondità con la quale riesce a vivere la realtà che lo circonda. Sembra dotato di “super poteri”: può vedere al buio, percepire suoni fino a centomila hertz, captare odori per noi inesistenti, avvertire le vibrazioni sul terreno, cacciare prede con un’infallibilità che lascia a bocca aperta. Nonostante sia piccolo, correndo, supera i cinquanta chilometri all’ora. Se cade anche da grandi altezze riesce ad atterrare incolume, camminando non emette il minimo rumore. E le ricerche scientifiche hanno dimostrato che possiede una delle intelligenze più alte di tutto il regno animale.
Allo stato selvatico non vive in branco e così ci si domanda come abbia fatto, cento secoli fa, a stringere un patto con gli uomini, senza quella spinta sociale che aveva trasformato il lupo in un animale domestico.
È che il gatto, domestico non lo è mai del tutto diventato. Conserva ancora oggi un lato selvaggio. E se il cane, lontano dal gruppo umano in cui vive, con fatica saprebbe cavarsela nel catturare prede, il gatto non avrebbe problemi dato che la caccia è per lui una vera necessità fisica e psicologica alla quale non ha mai rinunciato. Un giorno, il gatto decise di fare amicizia con gli uomini e fu un contratto di convenienza, potremmo dire un vero e proprio accordo pro- fessionale. Pare accadde a Cipro, tra il 7000 e l’8500 prima di Cristo. Il gatto selvatico era un asso nel catturare i piccoli roditori che infestavano le raccolte di granaglie e così gli antichi agricoltori pensarono che accudire i felini sarebbe stato molto vantaggioso. Nello stesso tempo, il gatto trovò grandi quantità di prede a disposizione e protezione da animali più grandi. L’accordo era stato stipulato.
Di Diego Manca e Roberto Allegri, tratto da Altro che animali!, dicembre 2015, Edizioni Ultra