Questa collaborazione raggiunse il suo apice nell’Antico Egitto dove i granai del faraone erano immensi. Tanto era utile la sua abilità contro topi e ratti che in breve tempo il gatto trovò posto tra i numerosi dei che popolavano la religione egizia.

La dea Bastet veniva raffigurata con un corpo di donna e la testa di gatto. Era la signora del canto e della danza, della prolificità degli uomini e degli animali, la protettrice della maturazione delle messi e dei frutti. Era considerata la dea dell’amore. Nella sua mano sinistra, spesso veniva raffigurato un amuleto sacro a forma di occhio di gatto, l’utchat, che aveva poteri magici. Questo amuleto veniva riprodotto nelle decorazioni delle case, dove proteggeva da furti, malattie e incidenti, nei templi e nei gioielli. Tenuto al collo proteggeva i viaggiatori e regalato agli sposi era auspicio di molti figli. La civiltà egizia giunse addirittura a proibire che i gatti venissero portati in altri paesi e a inviare personale specializzato per far tornare in patria quelli esportati clandestinamente.

Bastet by Mary_na
Bastet by Mari_na

In onore della dea Bastet venivano organizzate imponenti feste re- ligiose. Centro del suo culto era la città di Par Bastet, l’attuale Zagazig. Erodoto, lo storico greco vissuto tra 484 e il 430 a.C., rac- conta che in un’occasione si radunarono a Par Bastet oltre settemila persone, giunte da tutte le parti del regno, per festeggiare la dea. Durante le cerimonie, migliaia di gatti camminavano tra la folla ed erano amorevolmente accuditi dai sacerdoti. Per i ministri del culto i gatti erano anche una cospicua fonte di guadagno. Il famoso storico greco Diodoro Siculo, vissuto tra il 90 a.C. e il 27 a.C. e autore della monumentale Bibliotheca Historica, racconta che vi era l’usanza di votare ai gatti sacri molti bambini. I sacerdoti dunque vendevano ai genitori dei piccoli, delle medagliette raffiguranti teste di gatto che, assicuravano, appese al collo dei figli li avrebbero protetti. Ancora Erodoto spiega che in Egitto i gatti tenuti nelle case erano non solo ben nutriti ma anche vezzeggiati e trattati con ogni riguardo.

E quando un micio moriva era una tragedia. I suoi padroni si rasavano le sopracciglia in segno di lutto e poi il cadavere dell’animale veniva imbalsamato con aromi, con un procedimento molto simile a quello riservato agli umani, e deposto in un sarcofago di legno dipinto o di calcare, che ne riproduceva l’immagine. Il sarcofago era poi scortato dai magistrati e portato in un cimitero riservato solo ai gatti. Gli incaricati di questa incombenza erano, per legge, esentati da qualsiasi altro lavoro manuale.

Venerazione di una mummia di gatto
Venerazione di una mummia di gatto

Nel 1890 furono trovate nella zona di Béni Assuan migliaia di pic- cole mummie feline. E altre necropoli per gatti sono state trovate a Bubastis, a Sakkarah e a Stabe-Antar vicino a Tebe. Si ritiene che in tutto l’Egitto siano state milioni le mummie di gatto ritrovate dagli archeologi.

Nella terra dei faraoni i gatti erano tenuti talmente in considerazione da essere protetti anche da leggi rigide che punivano molto severamente chi attentava alla loro incolumità. Erano preservati dai pericoli non solo grazie alla devozione popolare ma anche grazie all’intervento della stessa autorità. Se qualcuno uccideva, anche per sbaglio, un gatto veniva immediatamente condannato a morte. E spesso veniva linciato dalla folla. Diodoro Siculo racconta di avere assistito in Egitto alla lapidazione di un cittadino romano colpevole di avere schiacciato, involontariamente, un gatto sotto il suo carro. Polieno, retore macedone che visse a Roma sotto Marco Aurelio, nella sua opera di aneddoti militari, Stratagemmi, racconta un episodio estremamente significativo. Nel 525 il re persiano Cambise II, figlio di Ciro il Grande, invase l’Egitto, paese del quale divenne poi re assumendo il nome di Mesutira Kamebet. La battaglia decisiva per la conquista dell’Egitto si svolse presso la città di Pelusium, sul ramo orientale del Nilo. La resistenza egizia era tenace e nonostante le terribili macchine da guerra i persiani non riuscivano a espugnare la città. Allora re Cambise, che conosceva la venerazione degli egizi per gli animali e in particolare i gatti, ne fece mettere un gran numero proprio di fronte al proprio esercito. Di colpo gli egizi smisero di combattere per paura di ferire gli amati gatti. Deposero le armi, Pelusium capitolò e il re persiano si impadronì dell’Egitto.

Ritratto di gatto sul sarcofago del principe Thutmose, Diciottesima Dinastia
Ritratto di gatto sul sarcofago del principe Thutmose, Diciottesima Dinastia

Anche Erodoto, raccontando la storia della guerra tra l’Egitto e l’esercito assiro di re Sennacherib, avvenuta nel 701 a.C., riferisce un episodio curioso. Il Faraone per combattere gli invasori radunò mercanti, commercianti e contadini, li fece marciare contro Sennacherib e li fece accampare proprio di fronte alle forze nemiche. Calò la notte e col buio i due eserciti vennero presi d’assalto da una miriade di topi. I roditori divorarono le faretre, le corde degli archi e le impugnature degli scudi degli Assiri che si trovarono così senza armamenti. Gli Egizi invece non subirono alcun danno: avevano con loro i fedeli gatti da cui non si allontanavano mai. I felini avevano messo in fuga i topi e preservato così le armi.

Di Diego Manca e Roberto Allegri, tratto da Altro che animali!, dicembre 2015, Edizioni Ultra

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