Il sodalizio tra gatti e artisti ha radici lontane. Esistono infatti reperti preistorici che lo dimostrano, ad esempio un osso scolpito a forma di felino e scoperto sul versante atlantico dei Pirenei, e una pittura rupestre scoperta a Gabillou, in Dordogna, che raffigura quella che sembra proprio la testa di un gatto.
Nell’arte egizia e in quella greco-romana, il gatto era raffigurato spesso e lo stesso nell’antica arte orientale. In Persia, in India o in Cina, vi era la tradizione di raffigurare i leoni e le tigri, che avevano un forte simbolismo. Fu quindi molto facile per il gatto diventare un mo- dello e avere un peso importante per gli artisti. Ci sono statuette persiane di gatti del Duecento, con intarsi in oro, e immagini religiose indiane con divinità sotto forma di gatti. In India, si dipingevano i gatti con fattezze antropomorfe, ad esempio con gli occhi profilati di nero e ampio spazio bianco intorno all’iride. In Thailandia venivano ritratti in molti dipinti, in tutte le loro forme e colori, come nei Cat Book Poems, i famosi “registri” delle razze siamesi del Trecento.
Di Diego Manca e Roberto Allegri, tratto da Altro che animali!, dicembre 2015, Edizioni Ultra